Francesco Sacco: “Governo e regioni devono lavorare alla riapertura del nostro settore”

Francesco Sacco: "Governo e regioni devono lavorare alla riapertura del nostro settore", ecco cosa ha dichiarato l'artista in un'intervista a Bellacanzone.

Francesco Sacco nasce a Milano il 24 giugno 1992 ma trascorre infanzia e adolescenza a Novara, dove inizia ad ascoltare e studiare musica: da bambino studia musica classica, poi si innamora del blues, del rock anni ’70 e del cantautorato.

Negli anni dell’università a Milano inizia a collaborare, come redattore, con varie riviste di critica musicale, incontra il mondo del teatro e della danza contemporanea grazie a Susanna Beltrami e firma colonne sonore e direzioni musicali per decine di spettacoli.

Allo stesso tempo Francesco studia i software musicali e il sound design, collabora con vari brand di moda e design, tra cui Marni e Marco Rambaldi e produce dischi per altri artisti. Il fascino per il mondo dell’arte lo porta a fondare il collettivo Cult of Magic insieme a Giada Vailati e a Samira Cogliandro, gruppo di artisti dedito ad arti performative, danza contemporanea, teatro e musica, con le cui performance gira tutta Italia.

Come mai hai scelto Berlino Est e A te come primi singoli?

“Berlino Est” e “A Te” sono gli ultimi brani che ho scritto in ordine cronologico, mentre il primo arrivato è stato “Il Lido di Venezia”. Un filo narrativo che è andato avanti di pari passo con la mia vita: sia che il set descritto nel brano fosse reale come nel caso di Lido, sia che fosse immaginario o simbolico come in Berlino Est, i fatti raccontati sono estremamente autobiografici. Sicuramente quando ho iniziato a pensare alla pubblicazione ho sentito più vicine e impellenti le canzoni scritte più di recente, cosa valida soprattutto per A Te, nella quale parlo di una relazione che riguarda anche il mio presente. Poi sicuramente ha influito nella scelta anche un discorso più strettamente musicale che riguarda composizione e arrangiamento: quando inizi a comporre vai un po’ per tentativi, e magari finisci per concentrarti molto sui particolari (un suono, un accordo, una linea ritmica..), man mano che lo stile si definisce meglio agisci più sul complesso delle cose, come se guardassi gli elementi più da lontano. In questo senso i primi singoli sono un buon riassunto sia tematico che musicale di tutto quello che c’è nel disco.

Qual è il filo conduttore de La Voce umana?

Oltre al fortissimo dato autobiografico il fil rouge di questo disco è l’universo delle relazioni: che siano felici e realizzate come in “A Te”, a distanza come in “Piove a Nagasaki”, pericolose come in “Maria Maddalena” o anche solo immaginate, come ne “L’Invenzione del Blues” sempre di contatto fra due persone si parla. Il titolo del disco “La Voce Umana” cita un monologo di Jean Cocteau nel quale una donna telefona all’amante sul finire della loro relazione. Lei parla con questo interlocutore che non possiamo sentire (e che sembra non rispondere molto), ed un po’ una dichiarazione d’intenti: scrivere questo disco è stata una lunga telefonata con me stesso, pensando al mio universo relazionale e cercando di raccontarlo.

In questo periodo di quarantena hai avuto modo di scrivere altri brani?

Durante questa quarantena sono stato super impegnato con la promozione dei singoli prima e del disco dopo, poi ho girato il videoclip de “L’Invenzione del Blues” che uscirà fra qualche settimana lavorando da remoto con il videomaker Alessio Hong e la producer Isotta Fiorenzi. Ho suonato molto e ho registrato qualche linea, ma vere e proprie canzoni no: sono uno che ha bisogno della vita per scrivere, sono sempre alla ricerca di materiale narrativo. Credo che senza vita non esisterebbe l’arte, che ne è una rappresentazione e una catarsi. Poi scrivo sempre di cose che sto vivendo, di periodi che sto attraversando, e un brano sulla mia quarantena non l’avrei mai fatto.

Come vedi il futuro della musica dal vivo in Italia?

Sento tanta rabbia e delusione, ma per fortuna anche tanto fermento: ho aderito al  progetto “La Musica che Gira” firmando la loro petizione, per citare un bellissimo movimento. È tempo di riorganizzare un po’ tutto: sicuramente i grandi eventi subiranno un colpo durissimo, mentre bisogna lavorare per rendere operativi e sicuri i piccoli e medi club. L’errore che ho visto più spesso è quello di mettere tutto sullo stesso piano: un concerto al forum è molto diverso da uno in un piccolo circolo Arci. Governo e regioni devono lavorare alla riapertura del nostro settore, quello che possiamo fare noi artisti (e ancora più di noi promoter, club, booking e organizzatori) è essere propositivi e non solo polemici. Ma perché questo avvenga è indispensabile essere riconosciuti come una categoria lavorativa dello stesso peso delle altre.

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Dove ti vedremo/ascolteremo nei prossimi mesi?

Per ora potete ascoltare su Spotify e tutti gli store digitali il mio nuovo disco: Poi speriamo di vederci presto a qualche live.